Il punto di vista di Nino Grasso – L’asse Telesca-Smaldone-Giuzio fa tremare il centrodestra e rende contendibile il Comune di Potenza

Il punto di vista di Nino Grasso

Confessiamo di aver temuto il peggio durante le ore del lungo tira e molla che ha caratterizzato il confronto tra le varie anime del centrosinistra potentino, in vista del ballottaggio di domenica e lunedì prossimi a Potenza.

Il dilemma apparentamento-sì; apparentamento-no tra le liste a sostegno di Vincenzo Telesca (il più votato) e quelle schierate al primo turno a fianco di Pierluigi Smaldone e Francesco Giuzio, in vista dello scontro diretto del 23 e 24 giugno prossimi con il candidato di centrodestra, Francesco Fanelli, ha tenuto banco per ore, sino alle 13 di ieri, in un rincorrersi di voci, spesso contraddittorie e confuse, che ad un certo punto hanno dato corpo al peggiore degli incubi del popolo progressista. Quello di assistere all’ennesimo harakiri, dopo la sconfitta di cinque anni fa, al Comune capoluogo. E quella più recente dello scorso mese di aprile alla Regione Basilicata.

Poi, per fortuna, è prevalso il buon senso.

In uno ad una buona dose di cinismo elettorale. Ed anche (e soprattutto) ad un forte senso di responsabilità da parte dei tre candidati sindaci schieratisi contro la destra, chiamati a non deludere i sei elettori su dieci che una settimana fa hanno manifestato una grande voglia di cambiamento nella guida della città di Potenza. In questo caso affidando al più votato dei tre (Vincenzo Telesca, appunto) il compito di non disperdere il patrimonio di 22 mila voti complessivi che egli, insieme a Pierluigi Smaldone e Francesco Giuzio, dovrà ora tentare di far confluire sul proprio nome, nel tentativo di rendere minoritari i 15 mila voti conquistati una settimana fa da Francesco Fanelli.

E qui entra in ballo il cinismo elettorale, appena richiamato.

Numeri alla mano, in caso di apparentamento formale tra le cinque liste che hanno sostenuto Telesca al primo turno, e le tre di Smaldone più la quarta di Giuzio, la coalizione di centrosinistra avrebbe portato a casa – in caso di vittoria – 20 consiglieri.

Mentre, sottoscrivendo una intesa programmatica, come quella che è già stata ufficializzata ieri (di cui riferiamo a parte) e rinunciando a far comparire i simboli di tutte e nove le liste sulla scheda elettorale di domenica prossima, i tre antagonisti di Fanelli potranno contare in Consiglio comunale su almeno tre voti in più. Perché in questo caso Smaldone e Giuzio sottrarranno i seggi di competenza dei rispettivi schieramenti a quelli spettanti alle minoranze. Rendendo così più debole l’eventuale opposizione di Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega e Noi Moderati. Il che non è cosa da poco.

Non solo.

Con le «compensazioni» – chiamiamole così – rappresentate dalle nove postazioni di giunta e dalla presidenza dell’Assemblea municipale, l’asse Telesca-Smaldone-Giuzio sarà reso ancora più granitico.

Fermo restando che agli ultimi due va fatto tanto di cappello per aver sacrificato gli interessi spiccioli delle rispettive liste (e di qualche candidato consigliere che invece rimarrà fuori dall’aula senza apparentamento) in nome di una maggiore tenuta della coalizione.

Tutto bene, dunque, quello che finisce bene? Parrebbe di sì. Perché al di là dei tecnicismi, quello che conta è il segnale politico di unità lanciato agli elettori. E in questo caso il popolo di centrosinistra non potrà che apprezzare. E mobilitarsi di conseguenza. Evitando di andare al mare, come forse sarebbe accaduto per migliaia di “delusi” in caso di rottura.

Viceversa, nel centrodestra, si respira aria di funerale.

Infatti, Francesco Fanelli, chiamato a sostituire all’ultimo momento Mario Guarente, perché ritenuto elettoralmente più forte del compagno leghista per anni classificatosi, a sua volta, tra i sindaci meno amati d’Italia, s’è dimostrato, alla prova delle urne, un autentico “flop”. L’ex assessore regionale alla Salute, come si sa, s’è fermato al 40 per cento dei consensi, contro il 45% ottenuto cinque anni fa (sempre al primo turno) dal sindaco uscente.

Per di più, mentre Guarente era stato penalizzato solo da un 5 per cento di voto disgiunto, Fanelli è stato abbandonato dal 10% degli elettori che pur votando per una lista di centrodestra, hanno poi tracciato, in egual misura, una croce sul nome di Telesca e Smaldone. Oltre che in minima parte anche su quelli di Giuzio e Marino.

Una debacle per il “vice” di Bardi.

Anche perché rispetto alle ultime elezioni regionali di aprile, l’emorragia di voti che il centrodestra potentino può addebitare, a giusta ragione, al deficit di appeal del candidato sindaco leghista, sfiora quota 20 per cento. Parliamo di 5 mila voti in meno, visto che due mesi fa a votare per il generale di Filiano nel capoluogo di regione sono stati più di 20 mila elettori, contro i 15 mila schieratisi invece a sostegno di Fanelli lo scorso 9 giugno.

Del resto, che il partito di Salvini sia in grande difficoltà in Basilicata lo testimonia la debolezza della lista del Carroccio predisposta dal coordinatore regionale, Pasquale Pepe.

Il quale, non trovando altri candidati potentini pronti a “sacrificarsi” sull’altare di una sfida municipale all’ultimo voto, ha pensato bene, da sindaco di Tolve in carica, di arruolare un po’ di compaesani. I quali, non potendo votare nemmeno per se stessi, hanno riportato zero preferenze. Per non parlare di chi si è fermato a quota uno. O al massimo a tre suffragi. Totale: 12 candidati consiglieri leghisti a Potenza hanno riportato in tutto 13 voti. Una media da guinness delle figuracce elettorali. Di cui l’ex senatore Pepe potrà, crediamo, menare vanto.

Scherzi a parte, il ballottaggio di domenica e lunedì prossimi potrebbe segnare una svolta nel panorama politico lucano. Si voterà per eleggere il sindaco del capoluogo lucano. Ma nello stesso tempo sarà l’occasione per lanciare un forte segnale politico al nuovo governo regionale di centrodestra. E ancora di più a quello centrale, a guida Meloni, nelle stesse ore in cui, dopo il parapiglia dei giorni scorsi alla Camera, si sta per varare in Parlamento lo sciagurato disegno di legge Calderoli sull’Autonomia differenziata, in uno alla riforma costituzionale sul premierato, particolarmente caro alla leader di Fratelli d’Italia.

Questo per dire che è da apprezzare ancora di più l’accordo politico-programmatico che, pur in assenza di apparentamento formale, ha spinto Smaldone e Giuzio a schierarsi dalla parte di Vincenzo Telesca. Quando si dice far prevalere l’interesse collettivo, nei fatti e non solo a parole.

Nino Grasso

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