Basilicata Fortificata – Abbazia di Sant’Angelo al Monte Raparo

Rinasce l’Abbazia

Dopo oltre due decenni di lavori, il monumento è nuovamente fruibile

Ottavo secolo dopo Cristo: un gruppo di monaci, dediti al culto di San Michele, abbandona l’impero bizantino per sfuggire alle persecuzioni iconoclaste. La comitiva arriva prima in Sicilia, poi risale lo stivale fino ai boschi della Val D’Agri, dove trova rifugio in una grotta carsica ben nascosta e a due passi da un corso d’acqua. È l’inizio della storia di Sant’Angelo al Monte Raparo.
Nella loro nuova casa, i religiosi riprendono le attività di vita quotidiana, preghiera, arte. All’entrata
della cavità si osservano ancora due affreschi risalenti a quel periodo.
Oggi, tra stalattiti e stalagmiti sfreccia una colonia protetta di pipistrelli, tra le più numerose in Europa, che conta migliaia di esemplari.
“Presto – spiega Vincenzo Cirigliano, sindaco di San Chirico Raparo – la popolazione cresce ed emerge la necessità di costruire”.
I fuggitivi, infatti, erano accompagnati da una sorta di indotto, composto da operai e artigiani di ogni genere. E allora sorgono la chiesa, nuovo fulcro del complesso, la foresteria e le aree comuni.
Dopo un periodo di splendore, coinciso con la conquista normanna dell’Italia meridionale, l’abbazia viene data in commenda a svariate famiglie. Tra le più importanti, quella dei Sanseverino, che ne accresce bellezza e prestigio fino al suo abbandono, nel XVIII secolo.
Il trascorrere del tempo e l’incuria umana la fanno da padroni. Due terremoti (1857 e 1930) danneggiano gravemente la struttura e ne causano il crollo quasi totale.
La ricostruzione, possibile solo grazie alle descrizioni dello storico Émile Bertaux e a una serie di rilievi e fotografie dell’architetto Stefan Bals, si conclude nel 2023 dopo oltre due decenni di lavori: “L’abbiamo
vista trasformata, rinata – dice Cirigliano E non nascondo, che da ragazzi è stata spesso meta di escursioni e piccole indagini”.
Adesso che l’attesa è finita, Sant’Angelo al Monte Raparo può finalmente riaprire le porte ai visitatori e candidarsi a grande attrattore della zona. Del resto è un sito divenuto monumento nazionale nel 1927,
oggi inserito tra i più importanti insediamenti monastici del sud Italia.
“L’amministrazione – assicura il sindaco – lavora con esperti e progettisti culturali per offrire piena valorizzazione a questo posto. Stiamo imbastendo trame e percorsi perché il monastero sia fruito da
tutti e possa dare al nostro territorio il rilancio che merita”.