Femminicidio a Maschito, oggi l’autopsia per sciogliere i dubbi. Il confuso racconto di Urbisaglia: “Mia moglie voleva avvelenarmi”

POTENZA – Sono ancora tanti i punti da chiarire nell’ambito delle indagini sul femminicidio di Maschito. A sciogliere i primi dubbi degli inquirenti sarà l’autopsia sul corpo della 73enne Rosetta Romano, disposta dal pubblico ministero Elena Mazzilli e che verrà effettuata nella giornata di oggi subito dopo il conferimento dell’incarico al perito nominato dalla procura di Potenza previsto in mattinata. In stato di fermo, con l’accusa di omicidio volontario aggravato c’è il marito della donna, Vincenzo Urbisaglia (difeso dagli avvocati Arnaldo e Giuseppe Lomuti), ex operatore ecologico di 81 anni che nel pomeriggio di sabato, al culmine di una lite, avrebbe strangolato o soffocato la moglie fino a provocarne il decesso. Ed è proprio sull’esatta causa della morte di Rosetta Romano che l’autopsia dovrà fornire le prime, importantissime, risposte, anche per delineare meglio e in modo più circostanziato il quadro accusatorio a carico dell’unico sospettato.

L’anziano, ancora in evidente stato confusionale e molto agitato, è stato trasferito dal carcere di Melfi a quello di Potenza in attesa dell’udienza di convalida del fermo davanti al gip del tribunale del capoluogo lucano che si svolgerà domani mattina alle 10.30 davanti al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Potenza. Ieri mattina l’avvocato Giuseppe Lomuti non è riuscito a colloquiare con il suo assistito, proprio a causa del perdurare dello stato confusionale e di agitazione del suo assistito ed ha chiesto il trasferimento dell’anziano in un’altra struttura. Nella tarda serata di sabato, durante il primo interrogatorio nella caserma dei carabinieri di Venosa, Urbisaglia ha negato di aver ucciso la moglie pur ammettendo una lite e una colluttazione, in seguito alla quale l’uomo si è ferito ad una mano a causa della rottura di uno specchio presente all’interno dell’abitazione dei due coniugi in via Lucania, sottoposta a sequestro dall’autorità giudiziaria per tutti gli accertamenti del caso. Tra i due coniugi pare che già da tempo i rapporti fossero abbastanza tesi, una situazione peggiorata nei giorni precedenti la tragedia con il medico di famiglia che aveva prescritto all’anziano una terapia farmacologica (dei calmanti in particolare) per via delle sue condizioni di salute. E la lite, almeno stando al primo confuso racconto dell’uomo nelle ore immediatamente successive ai fatti, sarebbe scoppiata proprio nel momento in cui Vincenzo Urbisaglia avrebbe pensato ad un tentativo di avvelenamento da parte della moglie che, molto probabilmente, invece, gli stava soltanto somministrando il farmaco a gocce prescritto dal medico. Ricostruzione ancora al vaglio dei carabinieri della Compagnia di Venosa che hanno sentito diverse persone tra familiari e conoscenti della coppia per cercare di acquisire ogni elemento utile alle indagini. Resta da capire se l’anziano sarà in grado di rispondere alle domande del gip e del pm durante l’udienza di convalida o se, per via delle sue precarie condizioni di salute, deciderà di avvalersi della facoltà di non rispondere.