di Nino Grasso
E ora, chi paga? La domanda sorge spontanea dopo aver letto le motivazioni della sentenza con la quale, lo scorso 16 novembre, il Tribunale amministrativo regionale della Basilicata ha respinto il ricorso dell’ex commissario liquidatore del Consorzio Asi di Potenza, Giuseppe Fiengo, licenziato prima del tempo, il cui ricorso – innescato dall’intima delusione per essere stato giubilato con oltre un anno di anticipo – è stato rigettato in sede cautelare nei mesi di marzo e maggio scorsi prima dallo stesso Tar Basilicata e successivamente dal Consiglio di Stato.
Secondo una delle tesi addotte dai giudici amministrativi, l’ultrasettantacinquenne avvocato di Stato in quiescenza, proprio perché già titolare all’epoca della nomina di un assegno di pensione, avrebbe dovuto svolgere a titolo gratuito (e per un anno soltanto) l’incarico affidatogli a maggio del 2021 (e svolto sino a gennaio 2023) dal presidente della Regione, Vito Bardi, e dall’allora assessore alle Attività Produttive, Franco Cupparo.
Invece, l’avv. Fiengo – accolto come una sorta di uomo della Provvidenza dai massimi vertici del governo lucano che gli affibbiarono il cauto appellativo di «genio» – non solo ha intascato un compenso annuo di oltre 80 mila euro, più rimborso spese viaggio e pernottamenti alberghieri.
Ma forte della sua innata «genialità» ha pensato, ad un certo punto, di far gravare sui conti dell’ex Consorzio industriale di Potenza anche lo stipendio della segretaria del proprio studio legale di Roma: la signora Ida Sorgente. Alla quale, proprio la scorsa settimana, con delibera di giunta regionale n. 758 data 22 novembre 2023, sono stati liquidati gli ultimi emolumenti, per un importo complessivo di circa 6700 euro.
Eviteremo, in questa circostanza, di rammentare tutte le altre «genialate» dell’anziano legale nativo del Massachusetts – con ampi trascorsi professionali in quel di Napoli, dove probabilmente ha conosciuto il generale Bardi – specializzato nell’assegnare incarichi esterni, ben pagati, a carico di una procedura fallimentare che non ha saldato un solo euro dei debiti del passato. Ma che, al contrario, ha aumentato la massa passiva dei 40 mila euro attribuiti allo studio romano «Cocconi&Cocconi», per una due diligence di cui non si sono mai conosciuti i risultati.
Senza dimenticare gli 84 mila euro e passa per un contratto di consulenza-service stipulato con la commercialista di Avigliano, Domenica Cristina Tripaldi.
Persona sicuramente validissima. Ma non a caso individuata nell’ampia schiera dei professionisti lucani quando all’interno della giunta Bardi il dialetto aviglianese era un po’ più di casa, grazie alle rudi esternazioni lessicali dell’ex assessore non eletto, Gianni Rosa, da un anno senatore della Repubblica. Uno dei presunti «migliori» di Palazzo Madama a sentire ciò che va dicendo in televisione – con sprezzo del ridicolo – Alessandro Galella: il suo ex portaborse, diventato assessore regionale per diritto di vassallaggio, con buona pace di merito e competenza.
In ogni caso, per tornare alla domanda iniziale: che ne sarà ora degli emolumenti indebitamente riscossi dall’ex commissario liquidatore Asi, Fiengo?
Finiranno in cavalleria? O – come siamo portati a credere – chi di competenza ne chiederà conto all’interessato e a quanti, a suo tempo, ne sono stati i dante causa, a partire dal presidente Bardi e dal già assessore Cupparo? I due – si sa – si porteranno per sempre sulla coscienza la legge più sciagurata varata nel corso di questa legislatura: la n. 7 del 2021. Quella, per intenderci, con la quale, teoricamente, avremmo dovuto avere in Basilicata un solo ente deputato ad occuparsi di infrastrutturazione, rilancio e valorizzazione delle aree produttive. Invece, a distanza di due anni e mezzo – esattamente come nel nostro piccolo avevamo previsto, attirandoci le ira dell’allora assessore forzista alle Attività Produttive – le «sigle» con le quale ci ritroviamo a fare i conti sono passate da due a tre.
Il Consorzio Asi di Potenza in liquidazione, che tutto fa tranne che liquidare i debiti del passato. Il Consorzio industriale di Matera, che anziché limitarsi all’ordinaria amministrazione, come inizialmente previsto, si occupa invece di Zes e di quei compiti specificamente attribuiti per legge ad Api-Bas. E quest’ultima società – costituita sotto forma di “Spa” con un capitale iniziale pubblico di 5 milioni di euro, a fronte di stipendi e oneri vari che sfiorano i 2 milioni all’anno – che ha di fatto cambiato ragione sociale: da Api-Bas ad Api-Gas, dal momento che la sua attività prevalente da un anno a questa parte è legata all’erogazione del «bonus gas». Per di più garantito ai soli utenti privati. E non anche alle imprese – escluse dal beneficio – di cui la neo costituita “Spa” pubblica si dovrebbe occupare per missione statutaria.
Come si intuisce: un guazzabuglio amministrativo e societario della peggiore specie.
Di cui le opposizioni dovrebbero chiedere conto, nell’aula del Consiglio regionale, prima delle prossime elezioni di primavera, al «governo del fallimento» più che del mai avvenuto «cambiamento», a guida Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Idea. Se non altro per capire quale sia il lavoro materialmente svolto dal «Comitato di Sorveglianza» dell’ex Consorzio Asi Potenza, al quale con la delibera di giunta n. 705 del 3 novembre scorso (parliamo di un’altra Dgr approvata da Bardi e dai suoi assessori, non appena al posto di Donatella Merra è subentrata Dina Sileo) è stato riconosciuto per gli ultimi due mesi del 2021 e per l’intero 2022 un compenso complessivo di oltre 100 mila euro.
In particolare, 68 mila euro sono andati al presidente Stefano Petrecca, un avvocato del foro di Roma. E 37 mila euro alla rag. Daniela Chieppa di Rionero, iscritta all’Ordine dei commercialisti di Potenza. L’unico della terna del «Comitato di Sorveglianza» a non aver percepito nemmeno un euro è stato l’amministratore unico di Acquedotto Lucano, Alfonso Metello Francesco Andretta. Già remunerato di suo da una società pubblica. E come tale tenuto a svolgere l’incarico gratuitamente. Tanto più – ripetiamo – che non si capisce cosa abbiano fatto anche nel corso del 2023 questi presunti «controllori», due dei quali, di qui ad un mese, potranno fatturare altri 75 mila euro più ammennicoli previdenziali vari, a carico dell’ex Consorzio di Potenza.
Si può parlare di tutto ciò? O è un segreto di Stato?
Soprattutto è lecito chiedere conto allo stesso dott. Luigi Vergari, nella sua duplice veste di amministratore unico di Api-Bas e di commissario liquidatore Asi (al posto del licenziato Fiengo) quale sia lo stato dell’arte della procedura fallimentare avviata a marzo del 2021? Per esempio, a quanto ammonta ad oggi la massa passiva? A fronte di quali poste attive? E con quali prospettive di rientro della debitoria, nel medio-lungo termine? A distanza di due anni e mezzo, sarebbe doveroso fare un’operazione-verità sugli effetti della sciagurata legge Bardi-Cupparo del marzo 2021. E sui disastri nella gestione delle aree industriali che questa classe di governo lascerà in eredità ai propri successori.
Ne abbiamo parlato anche stamani nel corso della nostra Rassegna stampa.