Scanzano Jonico, per il clan Schettino cade l’accusa di mafia: pene ridotte e tanti imputati tornano in libertà

POTENZA – Cade l’accusa più importante, quella di associazione a delinquere di stampo mafioso. E, di conseguenza, le pene vengono nettamente ridimensionate. La Corte d’Appello di Potenza, al termine del processo di secondo grado relativo all’operazione denominata “Ruska” ha, di fatto, escluso l’esistenza del clan Schettino di Scanzano Jonico. Restano in piedi le accuse legate a droga ed estorsioni, ma lo scenario è nettamente diverso rispetto a quello disegnato un anno e mezzo fa dal tribunale di Matera nell’ambito dell’operazione denominata “Ruska”. Per l’ex carabiniere Gerardo Schettino (difeso dagli avvocati Maria Delfino e Livia Lauria), considerato dalla Dda di Potenza alla guida del clan, la pena scende da 25 anni e mezzo a 15 anni dopo l’assoluzione “perchè il fatto non sussiste” dall’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso.

Di conseguenza anche dai cosiddetti “reati scopo” è stata esclusa l’aggravante del metodo mafioso. Anche per cinque degli altri sei presunti componenti del sodalizio sono arrivati sostanziali sconti di pena o l’assoluzione: Domenico Porcelli è stato condannato a 12 anni (in primo grado ne aveva presi 26 e mezzo), Nicola Lo Franco a 10 anni (condannato in primo grado a 19 anni e 6 mesi), così come Pietro Di Domenico (partiva da una condanna a 19 anni). Sette anni per Mario Lopatriello (in primo grado era stato condannato a 16 anni) e Maurizio Poci (in primo grado condannato a 13 anni). Per Michele Puce che rispondeva soltanto del reato associativo è invece arrivata l’assoluzione piena e l’immediata revoca della misura cautelare per decorrenza dei termini. Stesso provvedimento anche per Gerardo Schettino (che però resta detenuto per altro), Nicola Lo Franco, Domenico Porcelli, Mario Lopatriello e Maurizio Poci, nei confronti dei quali resta in vigore la misura cautelare del divieto di dimora in Basilicata e in ogni caso in qualsiasi territorio ricadente ad una distanza inferiore a 50 km da quello del Comune di Scanzano Jonico, come disposto dal presidente del collegio giudicante, Cataldo Collazzo. Per Giuseppe Schettino, figlio di Gerardo, lo sconto di pena da due anni e otto mesi a due anni (pena sospesa) per instestazione fittizia di beni è sempre riferibile all’esclusione dell’aggravante del metodo mafioso. Completa il quadro della sentenza di secondo grado l’assoluzione “per non aver commesso il fatto” di Maria Montano (condannata in primo grado a sei anni, anche in questo caso con contestuale revoca della misura cautelare dell’obbligo di dimora cui era sottoposta) e quella di Pavel Federkiewicz e Massimo Calò (entrambi condannati a 2 anni e otto mesi in primo grado). Le uniche condanne per le quali è arrivata la conferma rispetto al verdetto di primo grado sono quelle a tre anni e quattro mesi a carico di Giuseppe Latronico, Domenico Ventura Melodia e Francesco Nicoletti.

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